Sostenibilità ambientale

La sostenibilità ambientale è alla base del conseguimento della sostenibilità economica: la seconda non può essere raggiunta a costo della prima (Khan, 1995). Quindi, fondamentale per lo sviluppo sostenibile è il riconoscimento dell’interdipendenza tra economia ed ambiente.
Si tratta di un’interazione a due vie: il modo in cui è gestita l’economia impatta sull’ambiente e la qualità ambientale impatta sui risultati economici.
Questa prospettiva evidenzia che danneggiare l’ambiente equivale a danneggiare l’economia. La protezione ambientale è, perciò, una necessità piuttosto che un lusso (J. Karas ed altri, 1995).

Per perseguire la sostenibilità ambientale:
l’ambiente va conservato quale capitale naturale che ha tre funzioni principali, come fonte di risorse naturali, come contenitore dei rifiuti e degli inquinanti, come fornitore delle condizioni necessarie al mantenimento della vita le risorse rinnovabili non devono essere sfruttate oltre la loro naturale capacità di rigenerazione
la velocità di sfruttamento delle risorse non rinnovabili non deve essere più alta di quella relativa allo sviluppo di risorse sostitutive ottenibili attraverso il progresso tecnologico la produzione dei rifiuti ed il loro rilascio nell’ambiente devono procedere a ritmi uguali od inferiori a quelli di una chiaramente dimostrata e controllata capacità di assimilazione da parte dell’ambiente stesso devono essere mantenuti i servizi di sostegno all’ambiente (ad esempio, la diversità genetica e la regolamentazione climatica) la società deve essere consapevole di tutte le implicazioni biologiche esistenti nell’attività economica.

Per un lungo periodo di tempo ha prevalso la concezione secondo la quale gli esseri umani non avrebbero subito il condizionamento della natura nella misura in cui fossero stati in grado di dominare l’ambiente naturale e di modificare le leggi naturali di combinazione fra dualismi, quali: caos e ordine; soggetto ed oggetto; pensiero ed azione; individuale e collettivo; etc.
Per contro, l’aspetto importante insito negli insegnamenti dell’ecologia è la consapevolezza dell’esistenza di un insieme di specie, di cose e di elementi differenti, come naturale combinazione determinata da regole e forze diverse. Ciò che all’uomo spesso appare come caotico risponde, quindi, ad un ordine naturale. Ciascuna componente ha proprie caratteristiche e dinamiche facendo parte del complesso quadro naturale. Ciascuna rappresenta l’intera struttura nella misura in cui la globalità rappresenta la parte. Entrambe sono diverse ed unite in maniera sinergica.

La progressiva comprensione di questo complesso gioco di interdipendenze, interne ed esterne a ciascuna componente di un sistema naturale, ha fatto uscire l’essere umano dalla velleità scientifica di poter dare un proprio ordine a ciò che ritiene sia solo caos, di razionalizzare ciò che appare irrazionale alla sua attuale conoscenza.
L’acquisizione della suddetta consapevolezza, unitamente a quella sui limiti dell’azione umana, oltrepassati i quali possono prodursi effetti dannosi irreversibili sia per la natura sia per l’umanità, ha costituito l’ampio retroterra che ha consentito la nascita della nozione di sostenibilità.
In realtà, il cammino verso il pensiero ecologico (tradizionale ed innovativo) è stato lungo e consistente. E’ importante essere consapevoli del suo ruolo, perché esso ha contribuito a combinare l’aspetto tradizionale della sopravvivenza degli esseri viventi con quello rivoluzionario della solidarietà, dell’equità, della fratellanza nell’economia, nelle politiche e nella società.

E’ soltanto con Ernst Haeckel (1866) che la nozione ed il concetto di ecologia vengono intesi come studio scientifico dell’interazione fra gli organismi, fra le specie ed il loro ambiente. Egli aveva in mente l’economia quando definì l’ecologia come l’economia della natura, riprendendo concetti già proposti da Linneo, Darwin e Thomas Huxley.

Lo studio effettivo dell’Ecologia (da oikos, habitat, casa) come disciplina scientifica può però essere collocato alla fine del secolo (1895).
Da quel momento e per molti anni, l’ecologia si è sviluppata come una disciplina specialistica connessa alla natura e con un ruolo marginale. Era riservata a biologi, agli zoologi, ai botanici, etc., mentre l’economia, la sociologia ed altre discipline erano finalizzate agli esseri umani ed allo sviluppo.
Comunque, un lungo processo di elaborazione concettuale ha portato ad incorporare principi e modi di pensare, propri dell’ecologia in altre discipline, ad esempio: ecologia urbana ed umana nella sociologia (Park e Burgess, 1936, Hawley,1944); ecologia della mente nell’antropologia (Bateson, 1972); economia ambientale (Turner et al., 1994).

L’ecologia è divenuta un punto di riferimento scientifico, soprattutto a partire dagli anni ’60, durante i quali contenuti e argomentazioni di tale disciplina si sono rapidamente estesi fino a coprire l’intera problematica ambientale, compresi i modelli di sviluppo (Commoner, 1972) ed il concetto di limiti alla crescita (Meadows, 1972).

Naturalmente il dibattito investiva direttamente la sfera economica ed è stato molto vivace. Ne sono esempi il paradosso delle due sorelle (De Jouvenel, 1968) ed il paradosso di Nauru (Washington Post, 1970).

Una delle sorelle è una ballerina, l’altra è una casalinga. Nel primo caso il contributo all’aumento del PIL è diretto e positivo, mentre non è considerato tale nel secondo caso. Naturalmente il collegamento fra questo esempio ed il concetto di lavoro produttivo/improduttivo è evidente. Ben nota è la critica anarchica (e non solo) alla concezione marxista di valore di scambio: una prostituta è produttiva se lavora per un bordello, ma è improduttiva se lavora soltanto per procurarsi del denaro per sopravvivere.

Nauru è un’isola dell’Oceania ricca di risorse naturali, i cui abitanti hanno raggiunto un elevato tenore di vita vendendo materie prime e, poco per volta, il proprio territorio. Possedendo auto, ma non strade, disponendo di frigoriferi, ma dovendosi rifornire di acqua a mezzo di navi, la loro ricchezza materiale è realmente inesistente almeno finché non emigreranno, forse quando l’intera isola sarà stata venduta!

Secondo le metodologie biologiche di definizione dello sviluppo sostenibile (Basiago, 1995), i sistemi biologici dovrebbero costituire le fondamenta di tutte le attività economiche. Se essi falliscono, altrettanto accade all’economia.

La biodiversità, intesa come variazione genetica degli organismi viventi a tutti i livelli (Wilson, 1994) dovrebbe essere protetta e conservata a livello locale e regionale. Wilson cita l’Accordo sulla Diversità Biologica, siglato nel 1991 in California, per mostrare come un ricco patrimonio naturale possa essere riconosciuto come fondamentale nell’economia di uno Stato.

La dimensione regionale assume dunque importanza capitale nella protezione della biodiversità e nel mantenimento della vitalità economica; è questo il significato di un approccio bioregionale allo sviluppo.

Miller (citato da Basiago, 1995) distingue fra un ecosistema naturale sostenibile ed un sistema umano semplificato.
Il primo si basa sull’energia solare, sulla produzione di ossigeno e sul consumo di anidride carbonica, sulla creazione di suoli fertili, sull’accumulazione, sul graduale rilascio delle acque e sulla loro purificazione (lo stesso vale per gli inquinanti ed i rifiuti), sull’auto-mantenimento e sull’auto-rinnovamento; etc.
Il secondo è caratterizzato dall’energia derivante dai combustibili fossili o nucleari, dal consumo di ossigeno e dalla produzione di anidride carbonica, dall’impoverimento dei suoli fertili, dal rilascio rapido delle acque e dalla loro contaminazione (lo stesso vale per la produzione di inquinanti e rifiuti), dal bisogno di manutenzione e rinnovamento continui e ad alti costi.
Secondo Miller, il secondo sistema non può più essere accettato come modello di vita, mentre occorre perseguire la riconciliazione fra natura ed umanità, che sono state a lungo conflittuali. In tale percorso di riconciliazione si trova l’essenza della sostenibilità ambientale, come è stato teorizzato e analizzato da molti autori, tra i quali: Daly (1973, 1974); World Bank (1986); Pearce ed altri (1990); Serageldin (1993); WWF (1993); Jacobs (1991); Turner et al. (1994); Adriaanse (1995); Tiwari (1995).

A cura di Luca Fiorito
Gruppo di Coordinamento Agenda 21 Terre di Siena


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